Veio


Veio

Veio fu una importante città etrusca situata nella vallata del Tevere. Conquistata dai Romani all’inizio del IV secolo a.C., fu abbandonata alla fine del I secolo. Il complesso archeologico si trova nel comune di Roma, a una ventina di chilometri dal centro, al confine con il comune di Formello, su un altopiano di forma vagamente triangolare di quasi duecento ettari, che si erge ad un’altezza di circa cinquanta metri rispetto al fondovalle ed è delimitato a sud dal fosso Piordo e a nord dal torrente Valchetta, identificato con l’antico Cremera sulle cui sponde fu quasi totalmente distrutta la romana gens Fabia. La posizione permetteva di dominare un attraversamento del Tevere e tutta la zona della riva destra del fiume, che costituiva il confine tra il territorio etrusco e quello latino, fino alla foce. Per questo motivo ed, in particolare, per il controllo delle saline dei septem pagi alla foce del fiume, fu in costante rivalità con Roma (le fonti riportano 14 conflitti nell’arco di due secoli); basti pensare che la prima volta che troviamo la città di Veio citata in Tito Livio, Romolo (siamo nell’VIII secolo a.C.!) voleva una dimicatio ultima, una battaglia risolutiva. Con la definitiva sconfitta e conquista da parte di Furio Camillo nel 396 a.C. la città conquistata venne totalmente saccheggiata, distrutta, gli abitanti deportati e il territorio (ager veientis) fu suddiviso tra i cittadini romani. La città antica era racchiusa da una cinta muraria in opera quadrata di blocchi di tufo (dimensioni circa 80 x 50 x 50 cm); alla base le mura raggiungevano uno spessore di oltre 2 m e si assottigliavano verso l’alto, raggiungendo un’altezza tra i 5 e gli 8 m. Il perimetro della fortificazione supera gli 8 km e se ne conservano tuttora alcuni tratti. Alla città si accedeva da una decina di porte a cui si aggiungevano alcune posterule (ingressi minori). Porta Capena (che, come a Roma, prende il nome da Capua, nella cui direzione si apriva) è l’unica della quale sono attualmente visibili i resti. Presso una sorgente di acqua sulfurea presso il fosso Piordo, sorse il santuario extraurbano di Portonaccio, dedicato alla dea Minerva e probabilmente ad Apollo, frequentato anche come punto di incontro tra diverse popolazioni. Al santuario apparteneva la celebre scultura in terracotta dell’Apollo di Veio, attribuita allo scultore Vulca.